Annunciazione
(da: "Mille Santi del giorno", di Piero Bargellini)
Quella dell'Annunciazione è una festa, anzi una solennità.
Una solennità importantissima nella liturgia, perchè celebra il momento più mirabile e memorabile nel mistero dell'Incarnazione: il miracoloso incontro tra il divino e l'umano, tra il tempo e l'eternità.
Questa solennità veniva detta, fino alla riforma, "Annunciazione di Maria"; adesso, invece, viene detta "Annunciazione del Signore".
Questa differenza significa che l'accento è stato spostato dalla Madre al Figlio, perchè sia immediatamente chiaro che si tratta di una solennità del Signore, e non di una festa Mariana. E' il Signore che si incarna in Maria di Nazaret. E' Dio che presceglie, come Madre del proprio Figlio, una fanciulla israelita, a Nazaret, città della Galilea.
Protagonista della scena dell'angelico annunzio è Lei, Maria; ma protagonista del mistero dell'Annunciazione è il Signore stesso, che nella Vergine prenderà carne di uomo.
E' importante non confondere il Redentore con la Corredentrice; l'universale sacerdote con la universale mediatrice; il piano della salvezza con il suo purissimo strumento; la "Serva di Dio" con la di Lui volontà.
Festa del Signore, dunque, nella cui luce si esalta e si definisce la figura di Maria, "umile ed alta più che creatura". Festa grande per la Chiesa e ricorrenza cara a tutti i cristiani. Infatti, l'attimo nel quale la fanciulla di Nazaret pronunzia il suo "fiat", accetta cioè che sia fatta, in lei donna, figlia di Eva, la volontà del Signore, è un attimo che ha diviso per sempre l a storia del mondo. In quell'attimo, l'eternità entra nel tempo, Dio diventa storia. L'Annunciazione è la festa che celebra tale folgorante innesto, che avrà il suo fiore nella Natività e il suo frutto maturo nella Pasqua.
Non avevano torto gli antichi fiorentini quando facevano cominciare il loro anno civile non con il primo gennaio, e neanche con il Natale, ma con il 25 marzo, giorno dell'Annunciazione, cioè dell'Incarnazione del Verbo, data con la quale si inizia la storia, non di una città o di una civiltà, ma di tutta la nuova umanità.
E non hanno torto coloro che hanno fatto un nome femminile dell'aggettivo della Vergine Annunziata.
Questo aggettivo, infatti, è l'attributo più bello di Maria, della donna, cioè che, fiore dell'intera umanità, fu trovata degna di diventare purissima collaboratrice nell'opera dell'universale salvezza.
Una solennità importantissima nella liturgia, perchè celebra il momento più mirabile e memorabile nel mistero dell'Incarnazione: il miracoloso incontro tra il divino e l'umano, tra il tempo e l'eternità.
Questa solennità veniva detta, fino alla riforma, "Annunciazione di Maria"; adesso, invece, viene detta "Annunciazione del Signore".
Questa differenza significa che l'accento è stato spostato dalla Madre al Figlio, perchè sia immediatamente chiaro che si tratta di una solennità del Signore, e non di una festa Mariana. E' il Signore che si incarna in Maria di Nazaret. E' Dio che presceglie, come Madre del proprio Figlio, una fanciulla israelita, a Nazaret, città della Galilea.
Protagonista della scena dell'angelico annunzio è Lei, Maria; ma protagonista del mistero dell'Annunciazione è il Signore stesso, che nella Vergine prenderà carne di uomo.
E' importante non confondere il Redentore con la Corredentrice; l'universale sacerdote con la universale mediatrice; il piano della salvezza con il suo purissimo strumento; la "Serva di Dio" con la di Lui volontà.
Festa del Signore, dunque, nella cui luce si esalta e si definisce la figura di Maria, "umile ed alta più che creatura". Festa grande per la Chiesa e ricorrenza cara a tutti i cristiani. Infatti, l'attimo nel quale la fanciulla di Nazaret pronunzia il suo "fiat", accetta cioè che sia fatta, in lei donna, figlia di Eva, la volontà del Signore, è un attimo che ha diviso per sempre l a storia del mondo. In quell'attimo, l'eternità entra nel tempo, Dio diventa storia. L'Annunciazione è la festa che celebra tale folgorante innesto, che avrà il suo fiore nella Natività e il suo frutto maturo nella Pasqua.
Non avevano torto gli antichi fiorentini quando facevano cominciare il loro anno civile non con il primo gennaio, e neanche con il Natale, ma con il 25 marzo, giorno dell'Annunciazione, cioè dell'Incarnazione del Verbo, data con la quale si inizia la storia, non di una città o di una civiltà, ma di tutta la nuova umanità.
E non hanno torto coloro che hanno fatto un nome femminile dell'aggettivo della Vergine Annunziata.
Questo aggettivo, infatti, è l'attributo più bello di Maria, della donna, cioè che, fiore dell'intera umanità, fu trovata degna di diventare purissima collaboratrice nell'opera dell'universale salvezza.