("Dall'omelia pronunciata da padre Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., Predicatore della Casa Pontificia, in occasione della celebrazione della Passione del Signore, presieduta da Benedetto XVI nella Basilica Vaticana, venerdì 2 aprile 2010, venerdì santo")
“Abbiamo un grande Sommo Sacerdote che ha attraversato i cieli, Gesù, il Figlio di Dio”: così inizia il brano della Lettera agli Ebrei che abbiamo ascoltato nella seconda lettura...
... La Lettera agli Ebrei spiega in che consiste la novità e l’unicità del sacerdozio di Cristo, non solo rispetto al sacerdozio dell’antica alleanza, ma, come ci insegna oggi la storia delle religioni, rispetto a ogni istituzione sacerdotale anche fuori della Bibbia.
“Cristo, sommo sacerdote dei beni futuri, è entrato una volta per sempre nel luogo santissimo, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue. Così ci ha acquistato una redenzione eterna. Infatti, se il sangue di capri, di tori e la cenere di una giovenca sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano, in modo da procurar la purezza della carne, quanto più il sangue di Cristo, che mediante lo Spirito eterno offrì se stesso puro di ogni colpa a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte per servire il Dio vivente!” (Eb 9, 11-14).
Ogni altro sacerdote offre qualcosa fuori di sé, Cristo ha offerto se stesso; ogni altro sacerdote offre delle vittime, Cristo si è offerto vittima! Sant’Agostino ha racchiuso in una formula celebre questo nuovo genere di sacerdozio in cui sacerdote e vittima sono la stessa cosa: “Ideo sacerdos, quia sacrificium”: "Sacerdote perché vittima”