(di Mons. Marco Frisina; da: www.ufficioliturgicoroma.it)
Il Regno dei cieli è simile a un Re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. (Mt 22,1)
L’immagine di Cristo Sposo è molto presente nel Nuovo Testamento e si pone in continuità con tutta la tradizione veterotestamentaria che ci mostra l’Alleanza di Dio con Israele come un’Alleanza nuziale, descrivendo con l’immagine del rapporto Sposo-Sposa la relazione che
Dio viene a stringere con il suo popolo. Su questa linea troviamo tanti brani, sia nei Vangeli,
sia nell’Apocalisse, che guardano a Cristo come allo Sposo che viene a compiere le sue nozze con la Chiesa. Sia nei Vangeli sinottici, sia in Giovanni troviamo allusioni a questa lettura della redenzione di Cristo, ma è soprattutto il quarto Vangelo a sviluppare in modo più coerente e completare questa immagine. Nel Vangelo di Giovanni l’inaugurazione della missione messianica di Gesù e il suo compimento sono messi in relazione perfetta. Le nozze di Cana (Gv 2,1-12) e tutto l’episodio di Maria sotto la Croce e del costato trafitto (Gv 19,25-37) sono in relazione stretta tra di loro e formano una sorta di inclusione di tutto il Vangelo. Sono le due cerniere su cui si poggia la costruzione giovannea, le due ante attraverso cui entriamo nella contemplazione del mistero dell’Alleanza con Dio stipulata nell’amore.
Le nozze in Cana di Galilea e l’Ora della Croce
Le nozze di Cana rappresentano l’inizio del tempo messianico nuovo, la rivelazione che l’”Ora” è giunta. Tutto il brano ruota su questo termine.Che c’è tra me e te, o donna?. La mia Ora non è ancora giunta (Gv 2,4). L’Ora di Cristo è la sua glorificazione da parte del Padre (Cfr Gv 17), anticiparla non è conveniente e soprattutto riguarda soltanto la volontà del Padre. Questo già ci fa comprendere la portata simbolica delle nozze di Cana, che non rappresentano solo un miracolo ma un evento simbolico fondamentale.Già il contesto del brano ambienta l’episodio in modo molto preciso. La scena è temporalmente collocata nel settimo giorno di una settimana inaugurale di Cristo.
• In Gv 1,19-28 è descritto il primo giorno, con la testimonianza del Battista agli inviati da Gerusalemme.
• Il “giorno dopo” (1,29) il Battista incontra Gesù e lo chiama “Agnello di Dio”.
• Il “giorno dopo” (1,35) il Battista invita i suoi discepoli a seguire Gesù.
• Il “giorno dopo” (1,43) Gesù invita i discepoli a seguirlo.
• “Tre giorni dopo” ci sono le nozze in Cana di Galilea.
Questa settimana culmina con una festa di nozze in cui c’è Maria e a cui è invitato Gesù, particolare importante in quanto egli è ospite, mentre Maria è di casa. Ciò spiega l’attenzione della Donna nei confronti dello svolgimento della festa, ma questo diviene un elemento importante nella lettura giovannea dell’evento. Maria rappresenta colei che apre la porta alla rivelazione nuova e con la sua fede permette l’inizio della salvezza. Infatti è lei a notare la mancanza del vino, l’espressione usata è quella presente nella profezia di Isaia: Lugubre è il mosto, la vigna languisce, gemono tutti. È cessata la gioia dei timpani, è finito il chiasso dei gaudenti, è cessata la gioia della cetra. Non si beve più il vino tra i canti, la bevanda inebriante è amara per chi la beve. (Is 24,7-9)
A cui fa eco il brano di Geremia:
Io farò cessare nelle città di Giuda e di Gerusalemme le grida di gioia e di allegria, la voce dello sposo e della sposa, perché il paese sarà ridotto a deserto. (Ger 7,34) .
Il contesto della festa di nozze chiarisce ancora meglio sia le profezie, sia l’allusione al vino.
In ogni festa nuziale il vino, che ne rappresenta l’aspetto festoso e allegro, era un simbolo molto forte della prosperità e della fertilità della vigna. Israele è rappresentata dai profeti come la vigna del Signore; il fatto che non abbia più vino significa che la benedizione di Dio si è allontanata e il contesto nuziale, tanto in Isaia quanto in Geremia, ci ricorda che il rapporto di Dio con il suo popolo è come una festa di nozze senza gioia e amore, anzi piena di desolazione e dolore. Le parole di Maria hanno quindi un valore fortissimo e un significato pregnante. La settimana inaugurale descrive l’Antico Testamento che si volge verso il Nuovo (il Battista che indica Gesù, l’Agnello) e nello stesso tempo l’Ora che comincia a compiersi. Il prodigio dell’acqua delle idrie della purificazione, simbolo dell’antica legge, come ci ricorda sant’Agostino nel suo commentario a Giovanni, nelle quali l’acqua viene trasformata in vino buono, diventa il “segno” dell’Ora che si compie. Cristo è il vero Sposo della festa che viene a riprendersi la Sposa una volta abbandonata (Is. 62,4-5). Proprio questa realtà è quella che il Battista spiega a chi gli chiede qual è il suo ruolo: Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stato dato dal cielo.Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a lui. Chi possiede la Sposa è lo Sposo; ma l’amico dello sposo (paranymphos) che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo.Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire (Gv 3,27-30). Tutto l’episodio di Cana è dunque il segno di tutto questo, ovvero il momento in cui l’evento rivela il Mistero. Così come dice nel v.11: Così Gesù fece l’inizio (arché) dei suoi segni (semeion). L’arché ton semeion, non è semplicemente il primo di una lista di miracoli ma l’archetipo, il principio di tutti i segni salvifici in quanto in questo segno tutti gli altri possono riconoscersi. Inoltre il legame con il grande segno dell’Ora della Croce fa’ sì che il segno di Cana sia l’anticipo e l’inizio del compimento finale e che tutto l’evento di Cristo, i suoi segni e miracoli, le sue parole, la sua passione e morte, siano un insieme unico che compie il Mistero nascosto. La risurrezione segnerà l’ottavo giorno, che inaugurerà il tempo nuovo. Il grande segno composto da tutti i segni, da Cana alla Croce, sarà il compimento dell’Ora che dà inizio al giorno senza tramonto, alla Prima Dies. L’episodio giovanneo della trasfissione del costato, e soprattutto dell’uscita del sangue e dell’acqua. danno una ulteriore lettura nuziale all’evento della Croce. Cristo è il nuovo Adamo, addormentato nel sonno di morte, dal cui costato nasce la nuova Eva, la Chiesa, vivificata dai sacramenti, adombrati dal sangue e dall’acqua. La presenza di Maria sotto la Croce che genera i figli nuovi dello Sposo Cristo rappresenta la Chiesa, fecondata dalla Croce, che partorisce nel dolore e nello stesso tempo nella gloria che deriva da Cristo i figli di Dio (Cfr la donna vestita di sole di Ap 12).
Nella coerenza della visione di Giovanni, l’Agnello Sposo che viene a prendersi la Sposa stipula la sua Alleanza nuziale attraverso questo sacrificio d’amore.
Le parabole delle nozze
Nei vangeli sinottici appare l’immagine di Cristo Sposo legata al Regno dei cieli “che è come un banchetto di nozze” (Mt 22,1). L’immagine del banchetto è presente spesso nell’Antico Testamento a significare l’Alleanza stipulata al Sinai (Es 24) e la gioia dei tempi messianici (Is 25,6; 55,1-2). La festa nuziale aggiunge qualcosa in più, inserendo anche l’amore degli sposi che la festa celebra: Cristo è lo sposo che sta con noi, la sua presenza dà gioia così come la sua assenza è occasione di lutto (Mt 9,15). La parabola del banchetto nuziale di Mt 22 ci mostra un re che allestisce la festa di nozze per suo figlio e, dopo aver macellato gli animali per il banchetto, chiama gli invitati a far festa. Il loro rifiuto e la loro prepotenza nei confronti dei suoi servi scatena l’ira del re che decide di uccidere gli assassini e di invitare al banchetto i poveri che sono in strada, gli ultimi sostituiscono così gli invitati e riempiono la sala del banchetto. L’appendice della parabola ci mostra il giudizio del re sull’invitato che non porta l’abito nuziale, la veste della festa; egli viene cacciato fuori nelle tenebre perché non è degno di stare alla festa. Il racconto sottolinea diversi elementi. Innanzitutto il regno dei cieli è una festa di nozze, un banchetto come quelli che venivano allestiti nei giorni di festa dopo la celebrazione delle nozze in Israele. Le nozze di Cana ne sono un esempio e ci aiutano a capire anche il contesto che soggiace a questa parabola. Il banchetto viene fatto dal re per suo figlio. Il rapporto che lega il re con il figlio fa comprendere la severità del comportamento del re nei confronti di coloro che rifiutano l’invito. Non accettare l’invito alle nozze del figlio del re è un’offesa al re stesso. Dio invita Israele alle nozze di suo figlio, è nel Figlio che Dio stringe l’alleanza nuova ma gli invitati rifiutano. L’invito passa allora ai lontani, agli stranieri, ai gentili. L’abito nuziale rappresenta lo stato di grazia che riveste i partecipanti al “banchetto di nozze dell’Agnello” così come l’Apocalisse dirà in Ap 19,8. Analogamente la parabola delle dieci vergini ci mostra un momento preciso della festa di nozze: l’arrivo dello Sposo (Mt 25,1ss). Le vergini sono chiamate ad attendere vigilanti, nella notte dell’esistenza, l’arrivo di Cristo, lo Sposo della Nuova Alleanza, per entrare con lui alla festa. Anche qui c’è una condizione per parteciparvi: la vigilanza, segno dell’amore e del rispetto per lo Sposo.
L’Agnello – Sposo
Nel libro dell’Apocalisse, come già si accennava prima, le immagini giovannee che mettono in relazione l’Agnello immolato e Cristo Sposo vengono sviluppate. La storia del mondo dalla Pasqua all’ultima venuta è un tempo di attesa che separa la stipula delle nozze, la Croce, dal compimento dell’unione nuziale, le nozze dell’Agnello (Ap 19,7). La Sposa è la fidanzata che deve prepararsi a questo incontro vivendo le vicende storiche nella fede e nell’amore (Ap.21,9). Gli invitati vengono chiamati “beati” (Ap 19,9) perché essi parteciperanno alla gloria dell’Agnello e saranno uniti a lui per sempre. La Chiesa discende da Dio come “Sposa adorna” (Ap 21,2), risplendente di luce e di bellezza, che realizza tutte le profezie messianiche (Cfr Is 62) in cui la Sposa del Signore, che era detta Abbandonata, sarebbe tornata ad essere Sposa amata. Il finale del libro sottolinea in modo ancora più forte questa attesa dello Sposo da parte della Chiesa. In un mistico dialogo la Chiesa, insieme allo Spirito che la vivifica e la conduce, invoca il ritorno di Cristo che risponde come Sposo affettuoso. Lo Spirito e la Sposa ti dicono: Vieni! E chi ascolta ripeta: Vieni!....Sì, verrò presto. (Ap 22,17.20) L’intera Bibbia sembra così concludersi come era iniziata. Al principio ci sono l’uomo e la donna, creati come punto culminante della Creazione nel giardino dell’Eden, nella loro bellezza e innocenza; alla fine l’Agnello Sposo e la Chiesa Sposa redenta, uniti per sempre nella gloria. Il Mistero d’amore si compie così con la piena rivelazione del Figlio Sposo e con il banchetto gioioso del cielo.
(Da “Culmine e fonte” 5/2005)
Il Regno dei cieli è simile a un Re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. (Mt 22,1)
L’immagine di Cristo Sposo è molto presente nel Nuovo Testamento e si pone in continuità con tutta la tradizione veterotestamentaria che ci mostra l’Alleanza di Dio con Israele come un’Alleanza nuziale, descrivendo con l’immagine del rapporto Sposo-Sposa la relazione che
Dio viene a stringere con il suo popolo. Su questa linea troviamo tanti brani, sia nei Vangeli,
sia nell’Apocalisse, che guardano a Cristo come allo Sposo che viene a compiere le sue nozze con la Chiesa. Sia nei Vangeli sinottici, sia in Giovanni troviamo allusioni a questa lettura della redenzione di Cristo, ma è soprattutto il quarto Vangelo a sviluppare in modo più coerente e completare questa immagine. Nel Vangelo di Giovanni l’inaugurazione della missione messianica di Gesù e il suo compimento sono messi in relazione perfetta. Le nozze di Cana (Gv 2,1-12) e tutto l’episodio di Maria sotto la Croce e del costato trafitto (Gv 19,25-37) sono in relazione stretta tra di loro e formano una sorta di inclusione di tutto il Vangelo. Sono le due cerniere su cui si poggia la costruzione giovannea, le due ante attraverso cui entriamo nella contemplazione del mistero dell’Alleanza con Dio stipulata nell’amore.
Le nozze in Cana di Galilea e l’Ora della Croce
Le nozze di Cana rappresentano l’inizio del tempo messianico nuovo, la rivelazione che l’”Ora” è giunta. Tutto il brano ruota su questo termine.Che c’è tra me e te, o donna?. La mia Ora non è ancora giunta (Gv 2,4). L’Ora di Cristo è la sua glorificazione da parte del Padre (Cfr Gv 17), anticiparla non è conveniente e soprattutto riguarda soltanto la volontà del Padre. Questo già ci fa comprendere la portata simbolica delle nozze di Cana, che non rappresentano solo un miracolo ma un evento simbolico fondamentale.Già il contesto del brano ambienta l’episodio in modo molto preciso. La scena è temporalmente collocata nel settimo giorno di una settimana inaugurale di Cristo.
• In Gv 1,19-28 è descritto il primo giorno, con la testimonianza del Battista agli inviati da Gerusalemme.
• Il “giorno dopo” (1,29) il Battista incontra Gesù e lo chiama “Agnello di Dio”.
• Il “giorno dopo” (1,35) il Battista invita i suoi discepoli a seguire Gesù.
• Il “giorno dopo” (1,43) Gesù invita i discepoli a seguirlo.
• “Tre giorni dopo” ci sono le nozze in Cana di Galilea.
Questa settimana culmina con una festa di nozze in cui c’è Maria e a cui è invitato Gesù, particolare importante in quanto egli è ospite, mentre Maria è di casa. Ciò spiega l’attenzione della Donna nei confronti dello svolgimento della festa, ma questo diviene un elemento importante nella lettura giovannea dell’evento. Maria rappresenta colei che apre la porta alla rivelazione nuova e con la sua fede permette l’inizio della salvezza. Infatti è lei a notare la mancanza del vino, l’espressione usata è quella presente nella profezia di Isaia: Lugubre è il mosto, la vigna languisce, gemono tutti. È cessata la gioia dei timpani, è finito il chiasso dei gaudenti, è cessata la gioia della cetra. Non si beve più il vino tra i canti, la bevanda inebriante è amara per chi la beve. (Is 24,7-9)
A cui fa eco il brano di Geremia:
Io farò cessare nelle città di Giuda e di Gerusalemme le grida di gioia e di allegria, la voce dello sposo e della sposa, perché il paese sarà ridotto a deserto. (Ger 7,34) .
Il contesto della festa di nozze chiarisce ancora meglio sia le profezie, sia l’allusione al vino.
In ogni festa nuziale il vino, che ne rappresenta l’aspetto festoso e allegro, era un simbolo molto forte della prosperità e della fertilità della vigna. Israele è rappresentata dai profeti come la vigna del Signore; il fatto che non abbia più vino significa che la benedizione di Dio si è allontanata e il contesto nuziale, tanto in Isaia quanto in Geremia, ci ricorda che il rapporto di Dio con il suo popolo è come una festa di nozze senza gioia e amore, anzi piena di desolazione e dolore. Le parole di Maria hanno quindi un valore fortissimo e un significato pregnante. La settimana inaugurale descrive l’Antico Testamento che si volge verso il Nuovo (il Battista che indica Gesù, l’Agnello) e nello stesso tempo l’Ora che comincia a compiersi. Il prodigio dell’acqua delle idrie della purificazione, simbolo dell’antica legge, come ci ricorda sant’Agostino nel suo commentario a Giovanni, nelle quali l’acqua viene trasformata in vino buono, diventa il “segno” dell’Ora che si compie. Cristo è il vero Sposo della festa che viene a riprendersi la Sposa una volta abbandonata (Is. 62,4-5). Proprio questa realtà è quella che il Battista spiega a chi gli chiede qual è il suo ruolo: Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stato dato dal cielo.Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a lui. Chi possiede la Sposa è lo Sposo; ma l’amico dello sposo (paranymphos) che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo.Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire (Gv 3,27-30). Tutto l’episodio di Cana è dunque il segno di tutto questo, ovvero il momento in cui l’evento rivela il Mistero. Così come dice nel v.11: Così Gesù fece l’inizio (arché) dei suoi segni (semeion). L’arché ton semeion, non è semplicemente il primo di una lista di miracoli ma l’archetipo, il principio di tutti i segni salvifici in quanto in questo segno tutti gli altri possono riconoscersi. Inoltre il legame con il grande segno dell’Ora della Croce fa’ sì che il segno di Cana sia l’anticipo e l’inizio del compimento finale e che tutto l’evento di Cristo, i suoi segni e miracoli, le sue parole, la sua passione e morte, siano un insieme unico che compie il Mistero nascosto. La risurrezione segnerà l’ottavo giorno, che inaugurerà il tempo nuovo. Il grande segno composto da tutti i segni, da Cana alla Croce, sarà il compimento dell’Ora che dà inizio al giorno senza tramonto, alla Prima Dies. L’episodio giovanneo della trasfissione del costato, e soprattutto dell’uscita del sangue e dell’acqua. danno una ulteriore lettura nuziale all’evento della Croce. Cristo è il nuovo Adamo, addormentato nel sonno di morte, dal cui costato nasce la nuova Eva, la Chiesa, vivificata dai sacramenti, adombrati dal sangue e dall’acqua. La presenza di Maria sotto la Croce che genera i figli nuovi dello Sposo Cristo rappresenta la Chiesa, fecondata dalla Croce, che partorisce nel dolore e nello stesso tempo nella gloria che deriva da Cristo i figli di Dio (Cfr la donna vestita di sole di Ap 12).
Nella coerenza della visione di Giovanni, l’Agnello Sposo che viene a prendersi la Sposa stipula la sua Alleanza nuziale attraverso questo sacrificio d’amore.
Le parabole delle nozze
Nei vangeli sinottici appare l’immagine di Cristo Sposo legata al Regno dei cieli “che è come un banchetto di nozze” (Mt 22,1). L’immagine del banchetto è presente spesso nell’Antico Testamento a significare l’Alleanza stipulata al Sinai (Es 24) e la gioia dei tempi messianici (Is 25,6; 55,1-2). La festa nuziale aggiunge qualcosa in più, inserendo anche l’amore degli sposi che la festa celebra: Cristo è lo sposo che sta con noi, la sua presenza dà gioia così come la sua assenza è occasione di lutto (Mt 9,15). La parabola del banchetto nuziale di Mt 22 ci mostra un re che allestisce la festa di nozze per suo figlio e, dopo aver macellato gli animali per il banchetto, chiama gli invitati a far festa. Il loro rifiuto e la loro prepotenza nei confronti dei suoi servi scatena l’ira del re che decide di uccidere gli assassini e di invitare al banchetto i poveri che sono in strada, gli ultimi sostituiscono così gli invitati e riempiono la sala del banchetto. L’appendice della parabola ci mostra il giudizio del re sull’invitato che non porta l’abito nuziale, la veste della festa; egli viene cacciato fuori nelle tenebre perché non è degno di stare alla festa. Il racconto sottolinea diversi elementi. Innanzitutto il regno dei cieli è una festa di nozze, un banchetto come quelli che venivano allestiti nei giorni di festa dopo la celebrazione delle nozze in Israele. Le nozze di Cana ne sono un esempio e ci aiutano a capire anche il contesto che soggiace a questa parabola. Il banchetto viene fatto dal re per suo figlio. Il rapporto che lega il re con il figlio fa comprendere la severità del comportamento del re nei confronti di coloro che rifiutano l’invito. Non accettare l’invito alle nozze del figlio del re è un’offesa al re stesso. Dio invita Israele alle nozze di suo figlio, è nel Figlio che Dio stringe l’alleanza nuova ma gli invitati rifiutano. L’invito passa allora ai lontani, agli stranieri, ai gentili. L’abito nuziale rappresenta lo stato di grazia che riveste i partecipanti al “banchetto di nozze dell’Agnello” così come l’Apocalisse dirà in Ap 19,8. Analogamente la parabola delle dieci vergini ci mostra un momento preciso della festa di nozze: l’arrivo dello Sposo (Mt 25,1ss). Le vergini sono chiamate ad attendere vigilanti, nella notte dell’esistenza, l’arrivo di Cristo, lo Sposo della Nuova Alleanza, per entrare con lui alla festa. Anche qui c’è una condizione per parteciparvi: la vigilanza, segno dell’amore e del rispetto per lo Sposo.
L’Agnello – Sposo
Nel libro dell’Apocalisse, come già si accennava prima, le immagini giovannee che mettono in relazione l’Agnello immolato e Cristo Sposo vengono sviluppate. La storia del mondo dalla Pasqua all’ultima venuta è un tempo di attesa che separa la stipula delle nozze, la Croce, dal compimento dell’unione nuziale, le nozze dell’Agnello (Ap 19,7). La Sposa è la fidanzata che deve prepararsi a questo incontro vivendo le vicende storiche nella fede e nell’amore (Ap.21,9). Gli invitati vengono chiamati “beati” (Ap 19,9) perché essi parteciperanno alla gloria dell’Agnello e saranno uniti a lui per sempre. La Chiesa discende da Dio come “Sposa adorna” (Ap 21,2), risplendente di luce e di bellezza, che realizza tutte le profezie messianiche (Cfr Is 62) in cui la Sposa del Signore, che era detta Abbandonata, sarebbe tornata ad essere Sposa amata. Il finale del libro sottolinea in modo ancora più forte questa attesa dello Sposo da parte della Chiesa. In un mistico dialogo la Chiesa, insieme allo Spirito che la vivifica e la conduce, invoca il ritorno di Cristo che risponde come Sposo affettuoso. Lo Spirito e la Sposa ti dicono: Vieni! E chi ascolta ripeta: Vieni!....Sì, verrò presto. (Ap 22,17.20) L’intera Bibbia sembra così concludersi come era iniziata. Al principio ci sono l’uomo e la donna, creati come punto culminante della Creazione nel giardino dell’Eden, nella loro bellezza e innocenza; alla fine l’Agnello Sposo e la Chiesa Sposa redenta, uniti per sempre nella gloria. Il Mistero d’amore si compie così con la piena rivelazione del Figlio Sposo e con il banchetto gioioso del cielo.
(Da “Culmine e fonte” 5/2005)